L'ombra proiettata dalla sua luce

Role/Monologhi di trama - Kohaku Murakami

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    Una breve introduzione per chiunque legga: qui raccoglierò, da adesso in poi, le role di trama legate a Kohaku Murakami, nel suo viaggio per ritrovare la sua padrona.
    Nel caso chiunque voglia unirsi per intrecciare le trame, fare una comparsata o qualsiasi altra cosa, scrivetemi pure - altrimenti, buona lettura!


    Quinto sole di Fenrir in Luna della Vita, Quarta Era del Ghiaccio (08/03/28 p.F.) - Ore 18:00 - Sui no Sato

    Kohaku camminava svelto sulla lunga strada acciottolata che lo separava da Villa Ikeda, nel Sui No Sato. Il mare oltre la cupola brillava di un intenso blu, dissimile da qualsiasi cielo si potesse trovare nella Fusione. Grandi bestie marine vagavano appena oltre la superficie della emisfera, gettando ombre altrettanto immense sul terreno. Una delle particolarità della regione, una di quelle che il maggiordomo aveva imparato ad apprezzare soltanto dopo aver viaggiato in lungo e in largo, tra i mondi.

    Purtroppo, lo spettacolo era in questo momento sprecato su Kohaku, troppo impegnato ad avvicinarsi alla villa dove aveva lavorato per quasi metà della sua vita.
    Subito dopo la sconfitta di Exdeath e l'uscita dal Void, il monaco aveva scoperto la quantita' di tempo che era passata dall'inizio dello scontro: oltre un anno. Ciò aveva gettato il normalmente calmo maggiordomo in una furia ansiosa. Aveva tenuto in conto di metterci magari qualche giorno a concludere il lavoro, al più una settimana, prima di potersi rimettere in viaggio alla ricerca di Hotaru. Ma non un anno. Un anno era troppo. Sarebbe potuto succedere di tutto in un anno. Lei poteva... avrebbe potuto essere già... no. Non doveva pensarci.
    Per questo si era messo immediatamente in viaggio, fino a quando non aveva ritrovato uno dei suoi contatti. E da lui, aveva scoperto qualcosa che l'aveva lasciato confuso: Villa Ikeda, trasformata nel tempo in un museo alla memoria delle scoperte ed avventure di Lady Hanako, aveva improvvisamente chiuso i battenti, ritornando ad essere una costruzione privata, e nessuno aveva più notizie dei suoi lavoratori.

    Era l'unico indizio che aveva, e Kohaku non aveva la minima intenzione di ignorarlo. Dunque aveva attraversato il portale più vicino e si era diretto immediatamente verso la sua terra natale, per vedere con i propri occhi cosa stesse succedendo.
    Fino ad ora aveva segretamente odiato ogni minuto speso steso su un letto, o seduto su una carrozza - mentre si muoveva e camminava aveva qualcosa da fare, qualcosa su cui concentrarsi, mentre quando era fermo i pensieri potevano sfogarsi liberamente, rischiando di sommergerlo nel mare delle possibilità.
    Ma ora che poteva finalmente muoversi, la sua mente era concentrata ed il suo passo sicuro. L'obiettivo era chiaro: scoprire cosa fosse successo alla villa e, se possibile, ottenere informazioni su Hotaru.

    Dopo qualche altro minuto di camminata, la mansione entrò finalmente nel campo visivo del maggiordomo.
    Questo lo fece esitare per un istante. Poi non riuscì più a trattenersi, e prese a correre.
    Qualcosa gli diceva che lei era lì. Qualcosa gli diceva che lei lo stava aspettando.
    Corse, riconoscendo i muri che aveva imparato ad amare, ogni singolo albero che aveva osservato durante le scampagnate con le padrone, il terreno stesso sotto i suoi piedi, sul quale ancora gli pareva di vedere le impronte delle scarpette di Hotaru, lasciate durante un ballo liberatorio dopo un giorno di pioggia.
    Corse, fino a quando non entrò dal cancello.
    Il giardino era esattamente come la ricordava: il selciato perfettamente pulito, preciso, non un ciottolo fuori posto; l'erba tagliata alla perfezione, odore pungente ancora nell'aria; le sculture vegetali che si innalzavano verso il cielo, come a volerlo raggiungere, precise come il primo giorno che le aveva viste.
    Appoggiò le mani sulle gambe, la testa rivolta verso il basso, il fiato corto, l'armatura che tintinnava ad ogni movimento.
    Poi alzò lo sguardo.
    Ed eccola lì, sul sentiero di candidi ciottoli.
    I capelli neri, scompigliati dal vento. Un vestito bianco, che terminava in una gonna dalle decorazioni azzurre, gentilmente agitata dall'aria. Una coda di scaglie d'avorio, che si muoveva flessuosamente.

    La ragazza si girò.
    I loro occhi si incontrarono. Ambra e mare.
    Lei sorrise dolcemente.

    Ehi ehi, Kohaku...
    Scostò una ciocca di capelli neri come la notte, portandola dietro l'orecchio.
    Bentornato a casa.
    In un secondo, era tra le sue braccia. Kohaku ne era sicuro. Non avrebbe mai potuto dimenticare il suo gentile odore, o il tocco della sua pelle, o la sensazione di calore, di fragilità e allo stesso tempo di forza, che lei gli dava.
    La abbracciò. E desiderò non lasciarla mai più.



    Ehi ehi, Kohaku...
    Disse nuovamente lei, la voce carica di emozione. Il maggiordomo abbassò lo sguardo verso di lei, e vide che il suo viso era solcato dalle lacrime.
    ...Mi dispiace.
    Un pugno connettè contro il suo stomaco, ed il monaco si ritrovò sbalzato indietro, cadendo a terra e rotolando per parecchi metri. Senza fiato, alzò lo sguardo.
    Tutto era cambiato. Il selciato era coperto di grossi, irregolari buchi. L'erba era secca, mal cresciuta e bruciata in alcuni punti. Le decorazioni vegetali erano crollate al suolo, scheletri di ciò che erano un tempo. Mostri alti, bianchi e cristallizzati, camminavano lungo il giardino, emettendo versi angosciati. Sullo sfondo, la villa bruciava.
    E davanti a lui, Hotaru era cambiata. Il suo vestito era strappato, lasciando chiaramente vedere il marchio del L'Cie, la parte inferiore bianca e quella superiore nera, l'occhio al centro rosso e completamente aperto. Tutta la parte destra del suo corpo era ricoperta di cristalli neri, ed entrambe le mani erano artigliate e terribilmente grandi rispetto all'esile figura della ragazza. Il volto era completamente cambiato, come se una maschera bianca l'avesse ricoperto, e due innaturalmente tondi occhi, di fiamme viola, lo osservavano.


    No...
    Sussurrò il maggiordomo, tirandosi in piedi.
    Non è possibile...
    Hotaru, o ciò che rimaneva della dolce Au Ra, scoppiò in una risata sguaiata, scoprendo una vocca irta di denti affilati.
    GuArdaTI! oH, sapEVo sArebBe STATo unO spEtTaColO.
    Kohaku non riusciva a fare niente. Non riusciva a COMPRENDERE niente.
    lA TUA prEziOSA PAdroNa non ESiSTe pIU', OrMAI. CI soNo SoLO iO!
    E di nuovo, una risata sguaiata. La bocca si allargò ancora di più.
    MetTitELO iN TESta, è TrOPPo TaRDi. HAi FALlItO.
    STAI ZITTA!
    Kohaku gridò, perdendo il controllo. Il primo chakra si aprì, e piccoli lampi bianchi seguivano ora ogni movimento dell'Au Ra. Si gettò sul mostro.
    RIDAMMI HOTARU!
    La creatura rise, piegandosi innatutalmente, come se fosse fatta di gomma, per evitare i colpi del monaco. Kohaku ringhiò, aprendo anche il secondo chakra. Le vene del monaco pulsarono di luce bianca e di furia.
    CHI BLAST!
    Kohaku mise il palmo in verticale, e da esso si generò una sfera di energia bianca, che sparò a tutta potenza verso il Cie'th. Questi, tuttavia, lo spazzò via con un semplice gesto della mano, andando a farlo esplodere sul terreno, creando un nuovo cratere nel mezzo del selciato.
    HaI FalLITO! CoME sU COCOon! COmE a IVaLICe! SeI e sEi seMPRe StaTO SOLO UN FALLIMENTO!
    La creatura sembrò moltiplicarsi, diventando due, quattro, otto copie di sé, che lo additavano e gli sussurravano, uno ad uno, tutti quanti i suoi errori. In lontananza, sentì il grido di dolore di Hanako ed Hotaru.
    Smettila! Smettila, smettila, SMETTILA! MANIPURA!
    Kohaku continuò a gridare, aprendo il suo terzo chakra - il massimo che il suo addestramento gli consentiva di raggiungere. La sua forma finale, il suo massimo livello. Le sue mani si illuminarono e il monaco prese a colpire una ad una le copie del Cie'th che era Hotaru, con una velocità che neanche pensava di possedere, facendole svanire nell'aria con un'ultima risata. Poi si rivolse verso l'ultima - quella vera. I suoi occhi tradivano paura. Una fiamma di fiducia si accese nel monaco.
    Ti ho detto.
    Cominciò a camminare nella direzione del Cie'th.
    Di ridarmi.
    La camminata si trasformò in una corsa.
    HOTARU!
    Il monaco alzò la gamba destra, coperta ancora dai Godlegs, mentre il mana impregnava le sue gambe.
    DRAGON KICK!
    Un vortice a forma di drago seguì il movimento del suo arto inferiore, che si sviluppò in un calcio laterale, dal basso verso all'alto, diretto al volto del Cie'th.

    Con una singola mano la creatura bloccò il calcio del monaco, come se fosse nulla. Il vortice dragonico scemò, e Kohaku rimase paralizzato nella posizione della mossa di arti marziali.
    Il volto del suo avversario si contorse in un'espressione di giubilo, e questi si avvicinò, sussurrando.

    Hai fallito di nuovo.
    In quel momento Kohaku capì che quell'espressione spaventata, prima, era stata solo una farsa.
    E ne ricevette la conferma quando il Cie'th, ridendo sguaiatamente, sollevò il monaco con un solo braccio, tenendolo per la gamba, e poi lo fece schiantare a terra con forza inaudita, creando un nuovo cratere nel terreno. Il colpo fu talmente forte che, per qualche secondo, Kohaku non ci vedette più. E anche quando la visione tornò, era debole, offuscata. Stava per svenire.

    Il volto del Cie'th ricomparve nel suo limitato campo visivo.

    ChE CoSA faRAi ora? VerRaI a CERcaRMi? CeRCHeraI anCOra dI RiAVerE lA tuA PREzIosa HoTARu? O ti nAScoNDerAI in uN aNgOLo, ComE un CoDARdO, AcCettAnDO iL faLLIMento che sei?
    Il suo campo visivo si strinse ancora di più.
    NoN deLUDeRMi, Va bENE? Ma taNTO lO farAI. SeI brAVO solO in qUEllo.
    Una pausa, ed un sorriso si allargò. Il timbro di voce del Cie'th cambiò, riprendendo quello di Hotaru.
    Ehi ehi, Kohaku... ci vediamo presto...
    Una risata sguaiata, e poi il buio.


    Quando Kohaku si svegliò, stanco e terribilmente dolorante, notò accanto a sè un cristallo. Un cristallo completamente nero, ma con una flebile luce al suo interno. Con mano tremante lo prese - e da esso sentì provenire la tristezza della sua padrona. La sua paura. Il rancore verso il fal'Cie che le aveva rubato una vita felice. L'odio verso ciò in cui si stava trasformando.
    Il maggiordomo esplorò ed esplorò le emozioni racchiuse nel ricordo di cristallo. Le esplorò per quelle che gli sembrarono ore. E alla fine, non trovò ciò che stava cercando. Non una goccia di rabbia, non un frammento di disprezzo verso di lui. Ma soltanto speranza ed amore.

    E per la prima volta in anni Kohaku, il maggiordomo, l'insegnante, il servitore, l'amico, si lasciò andare ad un pianto disperato.
     
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